Nigel Mansell

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  1. L'Aviatore
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    Da oscuro gregario a campione acclamato. È tutta qui, se vogliamo, la particolarità della carriera di Nigel Mansell, pilota passato alla storia per la sua grinta, il suo coraggio, il suo non arrendersi mai neppure di fronte alla sorte troppe volte avversa.
    Non era un grande tattico, non aveva la visione di gara di un Lauda o di un Prost né il perfezionismo di Senna: il suo obbiettivo era l’avversario da sconfiggere, da demolire anche psicologicamente, a colpi di giri veloci. Se l’avversario era dietro il suo obbiettivo era fare il vuoto, se era davanti non si dava pace fino a quando non entrava nel suo mirino. Aveva la straordinaria capacità di tenere altissimo il ritmo per una corsa intera, senza le pause che tipicamente un pilota si concede anche nelle corse più combattute e lo faceva fino alla fine, quando usura dei pneumatici e consumi avrebbero consigliato maggiore prudenza. Questo suo modo di correre, senza pace, senza tregua, fece letteralmente impazzire il suo principale avversario, Nelson Piquet, fino a fare sparire dalle labbra dello “zingaro” il suo mitico sorriso ironico.
    Nell’ambiente della F.1 Mansell è stato, per ragioni uguali ed opposte, amatissimo dai tifosi e detestato dai critici. La folla ammirava il suo coraggio e la sua dedizione alla lotta allo stesso modo con cui i critici detestavano gli errori in cui, di tanto in tanto, cadeva. Allo stesso modo gli addetti ai lavori difficilmente tollerano chi non ha fortuna: non di certo per antipatia personale ma, più probabilmente, perché, chi vive dell’analisi di uno sport, difficilmente è propenso ad ammettere che qualche cosa di sfuggente, di non controllabile come il caso possa essere stato determinante in un risultato, preferisce ignorarlo e trovare una spiegazione “logica” anche là dove non può esserci. Per i tifosi, quindi, Mansell aveva perso ben tre mondiali solo perchè “sfortunato”, mentre per i critici era irrimediabilmente “sprecone” ed “inconcludente”..
    Quello che in realtà gli addetti ai lavori non hanno mai perdonato a Mansell era il fatto di essere un “parvenu”, un “intruso”, uno che si era distaccato dalla mediocrità a cui sembrava condannato ed essere entrato all’improvviso, senza neppure chiedere permesso, nel giro dei piloti che contano. Quando un giovane pilota comincia a dimostrare le proprie doti, i “divi” dell’ambiente tentano in tutti i modi di tenerlo alla larga, assumono un atteggiamento guardingo ed usano anche la stampa amica per cercare di screditarlo o, comunque, di guadagnare posizioni “politiche” che permettano di guadagnare tempo. Ma, psicologicamente, si preparano all’inevitabile scontro. Così è stato, ad esempio, con Senna e Schumacher.
    Ma con Mansell era diverso. Quando comincia a mettere a soqquadro l’ambiente ha già 33 anni e la stessa età dei campioni più affermati dell’epoca. In cinque stagioni alla Lotus aveva fatto vedere ben poco, era solo una figura di secondo piano, il fido scudiero di Elio De Angelis. Difficile immaginare che, all’improvviso, questo scudiero si mettesse a correre come un pazzo e a demolire in termini velocistici il suo caposquadra. Nel 1986 rivoluziona l’ambiente della F.1: maltratta il suo compagno e manda all’aria tutte le previsioni che vedevano in una serrata lotta Prost – Piquet il filo conduttore della stagione. Solo adottando questa chiave di lettura è possibile capire il mito del “Leone” mai domo e del suo numero “5 rosso”.
    Che in questo strano inglese, classe 1953 di Upton On Severn, protagonista delle formule minori in Gran Bretagna, ci fosse qualcosa di buono, lo aveva intuito il solito Colin Chapman, patron della Lotus, che lo mette sotto contratto a partire dalla stagione 1980. Nella casa inglese rimane cinque anni, fino al 1984: buone prestazioni in qualificazione, qualche piazzamento e niente di più; il “buon” comprimario di Elio De Angelis, all’epoca alfiere della Lotus.

    Frank Williams simpatizza per lui e lo porta nella sua scuderia nel 1985, proprio quando comincia l’epopea del turbo Honda. Dopo una stagione di rodaggio (dove arrivano le prime vittorie), Mansell si scatena, sorprendendo tutti per grinta e velocità. Infatti nelle stagioni 1986 e 1987 è il grande protagonista: vince ben 13 gran premi dando spettacolo e facendo disperare il suo compagno di squadra, Nelson Piquet, che sembrava destinato ad una passeggiata trionfale in entrambe le stagioni. Ma la sorte, mai dalla sua parte, gli nega la conquista del titolo mondiale, assumendo sempre la forma di un pneumatico. In Australia, ultimo G.P. della stagione 1986, la gomma scoppia mentre gestiva un comodo terzo posto più che sufficiente alla conquista del titolo che finirà poi, nelle mani di un incredulo Alain Prost. In Ungheria, nel 1987, una ruota maldestramente avvitata da un meccanico si stacca mentre era abbondantemente in testa: il colpo del K.O. al suo compagno di squadra si trasforma in un boomerang e rilancia un ormai sfiduciato Piquet. La disperata rincorsa che ne seguirà si concluderà tristemente a Suzuka dove un terribile incidente gli procura lo schiacciamento di due vertebre che gli impedisce di partecipare agli ultimi due gran premi.
    Il 1988 è un vero purgatorio: la Honda non ha perdonato la mancata conquista del titolo 1986 addebitandola alla lotta troppo concitata tra i due piloti della scuderia. Così l’astuto Ron Dennis ha gioco facile a strappare ad uno sfortunato Frank Williams i motori Honda. Contro le vetture di Senna e Prost nel 1988 nessuno può nulla, tantomeno Mansell, al volante di una Williams motorizzata Judd (un motore di F.3000 modificato per l’esigenza) e alle prese con i postumi dell’incidente. La sola nota positiva è un nuovo contratto con la Ferrari per la stagione successiva: era stato proprio il grande Enzo (morto nell’agosto di quell’anno) a volerlo assolutamente in squadra.
    Alla Ferrari Mansell passa due anni. Nella stagione 1989 guida la casa di Maranello alla riscossa, infila due vittorie gioiello e compie la grande impresa della sua carriera: sul circuito dell’Hungaroring, notoriamente famoso per l’impossibilità a sorpassare, parte dalla tredicesima posizione e vince dopo aver “infilato” 11 avversari con sorpasso finale, memorabile, a scapito del grande Senna. Il 1990 è, invece, afflitto da troppi ritiri mentre Prost, suo compagno in quella stagione, lotta per il titolo. Dopo l’ennesimo abbandono durante il G.P. di Inghilterra, Mansell annuncia, mestamente, il suo primo ritiro.
    Ma per il “Leone” non è ancora tempo di pantofole: Frank Williams lo richiama in fretta e furia e gli affida una delle sue Williams Renault. Se nel 1991, superate le difficoltà tecniche iniziali, lotta fino all’ultimo per il titolo con Senna e si classifica “solo” secondo (anche per colpa del solito pneumatico avvitato male, questa volta in Portogallo), nel 1992 domina completamente la stagione: troppo superiore tecnicamente rispetto alla concorrenza la Williams e troppo motivato il suo pilota. Mansell vince 9 G.P. su 16, si laurea campione con 5 gare di anticipo lasciando agli altri solo le briciole.
    Questa formidabile stagione sarà, purtroppo, la sua ultima intera in F.1. Nel 1993 viene, infatti, appiedato per motivi “politici”: la Renault, impresa pubblica francese, vuole un pilota francese e lo sceglie in Alain Prost. Mansell si rifugia negli “States” dove vince il campionato di F.Cart.
    Mansell farà qualche altra apparizione in F.1: nel 1994 ancora con la Williams dopo la morte di Senna, riuscendo perfino a vincere l'ultimo G.P. della stagione, e nel 1995 per soli due G.P. con la McLaren. I risultati sono scarsi e, dopo il gran premio di Monaco del 1995, Mansell annuncerà il suo ritiro, stavolta definitivo. A 42 anni, l’inesorabile passare del tempo ha ormai consumato gli artigli del “vecchio” Leone....

    Fonte

    Palmares

    Stagioni: 15 (1980-92 ; 1994-1995)
    Mondiali F1 vinti: 1 (1992)
    GP Disputati: 191 (187 partenze)
    Vittorie: 31
    Podi: 59
    Pole position: 32
    Giri veloci: 30
     
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0 replies since 10/5/2013, 23:27   79 views
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